Leonardo Beconcini era consapevole dell’importanza delle vigne che il nonno, prima di lui aveva trovato in azienda fin dagli inizi degli anni ’50.
Dopo aver condotto lunghi ed accurati studi in collaborazione con l’Università Agraria di Milano e con l’Istituto Sperimentale di Selvicoltura di Arezzo, ha accertato inequivocabilmente che i misteriosi cloni presenti nei vigneti dell’azienda da sempre, erano cloni di tempranillo.
Grazie a questa scoperta, con il Decreto 2754 del 12 giugno 2009-11-12 codice 345 Tempranillo N. nero viene iscritto all’Albo toscano. La sete di sapere non si appaga e Leonardo si chiede come questo cultivar possa essere arrivato fino a San Miniato chi può averlo fatto arrivare fin qui.
«L’azienda – spiega Leonardo – sorge a poche centinaia di metri da una zona archeologica di posta romana ed in prossimità di Ponte ad Elsa. Si presuppone dunque che il luogo fosse un transito da secoli e che sia stato utilizzato come una delle direttrici per Roma della Via Francigena».
La via Franchigena, anticamente chiamata Francesca o Romea, era una strada che portava i fedeli alle tre principali méte religiose: Santiago de Compostela, Roma e Gerusalemme.
Inoltre la zona di San Miniato, ed in particolare Ponte ad Elsa era nella direttrice che tagliava da Altopascio, nota sede di un ospedale e centro di accoglienza dei pellegrini.
«Da alcune ricerche effettuate – continua Beconcini – si ipotizza che: famiglie di pellegrini Spagnoli possano aver portato semi di vite Tempranillo e abbiano diffuso questa pianta nelle vicinanze di San Miniato, seminandola appunto, come era usanza dell’epoca.
Un tragitto che verosimilmente potrebbe essere avvenuto intorno alla metà del ‘700 secolo direttamente dalla regione iberica della Rioja, proprio nella regione a nord della Spagna, dove si trova Santiago di Compostela.
«Si crede che il periodo sia la metà del 700 – dice il produttore – perché all’epoca a San Miniato viveva un parroco agronomo, Giovanbattista Landeschi, nominato parroco di Sant’Angelo a Montorzo in Comune di San Miniato. La parrocchia era molto povera ed i pochi seminativi erano circondati da calanchi. Egli si impegnò in progetti agricoli di grande interesse e fu il precursore della coltivazione a terrazzamento delle colline in controtendenza».
Il parroco – che ha lasciato molti scritti ed anche diversi trattati di agricoltura – può essere stato l’agricoltore evoluto che ha saputo in quegli anni lontani capire il valore di questa pianta, se ben coltivata a San Miniato, diffondendola nel territorio, tanto da permettere ad alcune di queste piante di giungere fino a noi.
Queste vie di scorrimento permettevano alle varie culture di entrare in contatto ed ancora oggi sono rintracciabili le memorie di questo passaggio, come la nostra storia potrebbe esserne esempio.
La Via Francigena, infatti, è un patrimonio di culture e della nostra stessa storia tanto che è stata dichiarata “Itinerario del Consiglio d’Europa” assumendo una dignità sopranazionale al pari del Cammino di Santiago di Compostela.
Proprio nella vigna alle Nicchie, dalla quale Leonardo produce l’omonimo cru di tempranillo “Vigna alle Nicchie”, si possono trovare ceppi centenari tutti contrassegnati ed ancora studiati dall’Università di Firenze, a confermare una storia che viene da lontano.
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