Credo che raccontare un viaggio significhi descrivere quel bagaglio di sapori, odori, colori, istantanee riportate a casa con sé, nella propria quotidianità.
La Thailandia mi ha regalato molti ricordi: frammenti di storia provenienti dai templi khmer, memoria dello splendore di antiche civiltà; insegnamenti profondi, celati nei sorrisi delle imponenti statue dorate dei Buddha, tam dee, dâi dee, tam chôo-a, dâi chôo-a (fai del bene e riceverai del bene, fai del male e riceverai del male); profumi esotici, portati dal vento, provenienti dai delicati fiori bianchi degli alberi di Frangipane e tanti, tanti sapori.
Di fronte al menù di un ristorante thailandese si può veramente provare l’imbarazzo della scelta: un panorama culinario eclettico e divertente, sempre molto piccante e audace. Tentare un croccante Pàt tai, a base di sottili noodles, saltati con uova, tofu e gamberetti, o sorseggiare un saporito green curry, in cui il sapore del kaffir lime si sposa perfettamente con il latte di cocco e del peperoncino verde?
Se siete alla ricerca di esperienze forti allora dovete provare la Sôm-dâm, insalata di papaya verde, colorita dal rosso del peperoncino e impreziosita dall’immancabile salsa di pesce, o ancora il celebre morning glory, spinaci d’acqua saltati con abbondante aglio: vi lasceranno a bocca aperta.
Non scordiamoci poi che in Thailandia mangiare significa ‘mangiare riso’: persino il gustoso mango viene servito accompagnato da riso glutinoso, cotto a vapore.
Nella cucina nord-orientale predomina il maiale, bollito, fritto, fermentato, sminuzzato persino nell’insalata dôm yam.
Quando volete rinfrescarvi la bocca allora potete fare una scorpacciata di frutta, ce n’è per tutti i gusti: il succoso pomelo, l’acida carambola (altrimenti detta ‘frutto stella’, per la sua caratteristica forma a cinque punte), il fresco langsat simile al litchi, il rambutan con la sua scorza pelosa, o il salak con una corazza a scaglie che racchiude una polpa morbida, dal sapore a metà tra la banana e la fragola. Il re incontrastato di tutti i frutti thailandesi è il mangostano: sotto la sua scorza violacea si cela un cuore candido di spicchi dal gusto aromatico e intenso.
Se poi siete coraggiosi potete tentare l’assaggio del durian: sapore piuttosto viscido e odore inconfondibile e pungente, simile a quello della cipolla, tanto da essere stato “bandito” da alcuni luoghi pubblici.
A Bangkok, come in quasi tutte le città, si può vedere e “annusare” il vero significato di ‘street food’: ad ogni angolo di strada, sui marciapiedi, o su carretti itineranti, vengono improvvisati barbecue, nelle grandi wok si frigge di tutto e nei pentoloni ribolle il curry, verde, rosso , giallo, sempre molto invitante.
I mercati sono dei banchetti a cielo aperto, dove soddisfare ogni desiderio culinario: spiedini di carne, di pesce, di uova persino; brodo, stufato, sushi e…, per i più audaci, insetti! Larve bollite, grilli e cavallette fritte e scorpioni da sgranocchiare passeggiando.
Avventurarsi nel cuore della Thailandia significa anche riempirsi gli occhi di paesaggi: il verde della foresta monsonica del Parco Nazionale di Khao Yai, dove elefanti convivono con coccodrilli, macachi, gibboni e splendide farfalle; l’immensità del fiume Mekong che la separa dal Laos; le distese di campi di tapioca su cui al tramonto volano come danzanti milioni di pipistrelli, che escono dalle caverne per nutrirsi.
Un’esperienza piuttosto surreale per i nostri standard è avventurarsi per le strade della cittadina di Lopburi, nella zona settentrionale del Paese, dove le scimmie irriverenti e dispettose fanno da padrone: la loro dimora principale è il Prang Sam Yot, tempio khmer con tre torri simboleggianti Shiva, Vishnu e Brahma, ma si spingono volentieri per le strade, cercando qualcosa da rubare ai turisti sprovveduti, o saltando da un pick up all’altro, per strappare un passaggio.
Non si può poi lasciare la Thailandia senza aver provato il celebre thai massage: non certo rilassante, coniuga le tecniche dello stretching e dello yoga, per portare benessere e armonia al corpo, riattivando tutti i centri energetici, con forza, vigore e qualche mossa piuttosto ardita!
Infine, vi voglio descrivere un luogo che mi ha stregata, un’oasi selvaggia, un’isola in cui poter fare a meno di tutto, tranne che del costume e della voglia di avventura: Ko Kut.
Celata nell’estremo sud est e trascurata dai turisti, specialmente d’estate quando i monsoni agitano le onde del mare, Ko Kut è un piccolo angolo di paradiso: spicchi di sabbia bianca incorniciati da palme e mangrovie; ripide cascate in cui fare il bagno in mezzo alla giungla, con i pesci che ti mordicchiano i piedi; baracche di pescatori sulle palafitte dove fermarsi a mangiare granchi, barracuda, barramundi. E la sera, guardare la luna o intrattenersi con gli abitanti dell’isola, come John che volentieri ti ospita nella sua “casa-terrazza-pub”, per bere una birra e ascoltare tanto rock.
Questa è stata la mia Thailandia e, salutando le luci della frenetica Bangkok, ho promesso a me stessa di tornare presto; d’altronde ogni viaggio è un’avventura sempre diversa, talvolta faticosa, ma comunque piena di scoperte, esperienze che ti lasciano dentro una piccola, grande impronta!
(Camilla Mori)