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Clotilde Tradizione & Spirits a Roma

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Un salotto di fine secolo, raffinato ed elegante con accenti contemporanei: questo è Clotilde, una donna dall’allure affascinante che apre agli ospiti il suo salotto, accogliente e rilassante. Patron è Clemente Quaglia, ristoratore romano di grande esperienza, che ha dato al ristorante il nome di sua madre, nella sua mente icona di savoir fare: una raffinata padrona di casa, sempre attenta alle necessità dei suoi ospiti, sempre pronta ad offrire il meglio delle sue cantine, del suo cibo, dei suoi cocktails, una donna capace di creare magiche tavole conviviali dove trascorrere momenti di grande bellezza. Aperto per pranzo e dall’aperitivo serale a tarda notte, è il luogo ideale per lunghe e piacevoli serate tra amici o intime cene romantiche.

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Una donna d’altri tempi elegante e raffinata, ma al tempo stesso moderna e con “quell’allure” irresistibilmente glamour, così è Clotilde, il nuovo ristorante in Piazza Cardelli in pieno centro, a pochi passi dalle grandi bellezze di Roma, tra Piazza Navona e l’Ara Pacis, tra il Pantheon e Piazza di Spagna. E come una donna piacevole e accogliente, Clotilde – Tradizione & Spirits – ha aperto ieri, 10 marzo,  il suo salotto dove farà trascorrere ai suoi ospiti rilassanti momenti, per sentirsi a casa, fuori casa, in compagnia di una buona cucina di tradizione laziale, un profumato calice di vino e una ricca selezione di cocktail.
Il patron è Clemente Quaglia, un uomo che ha fatto della ristorazione la sua vita avendo gestito, per vent’anni, il ristorante “Clemente alla Maddalena”, sempre a Roma.

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Clotilde – il salotto romano in cui rilassarsi ogni giorno
L’idea di Clotilde è nata proprio per regalare agli ospiti ciò che Clemente stesso ama trovare recandosi al ristorante: un servizio piacevole per il pranzo e un luogo ove portare amici durante le lunghe sere romane o trascorrere romantici momenti, assaggiando piatti di tradizione corretti secondo un gusto contemporaneo, (cioè alleggeriti nei grassi grazie alle tecniche di cottura) e utilizzando selezionati prodotti provenienti dalla campagna di Roma, Latina e Frosinone (zone natie di Clemente). “Vivo sempre fuori casa e, anche quando non lavoro, ceno e pranzo al ristorante – afferma Clemente Quaglia – così ho voluto creare un luogo ove chi, come me, è sempre in giro, potesse mangiare anche tutti i giorni, con prodotti di ottima qualità e grande piacevolezza per lo spirito e il corpo”. La tipologia dei prodotti, lo stile di cucina semplice e rilassato che predilige i sapori rassicuranti della tradizione che ben conosciamo e amiamo, fa di Clotilde il luogo da frequentare anche ogni giorno: la tavola di una persona amica, arricchita però dal glamour dell’architettura e del design che è stato curato dall’architetto Danilo Maglio, da un servizio fresco e giovane (tutto lo staff è sotto i 30 anni, tranne i responsabili di sala e cucina), da un cocktail bar intimo e rilassante.

Clotilde – Il design
E come in una casa, tutto è curato in ogni minimo dettaglio, rispettando però il luogo e la struttura del palazzo, lasciando ad esempio a vista le volte a botte storiche in mattoni e creando il giusto equilibrio con arredi e illuminazione dal design anni ’50 e ‘60 accostati a elementi e geometrie pure. Un sapiente gioco di epoche storiche, forme, materiali e colori ad opera dell’architetto Danilo Maglio che ha giocato con i colori classici del giallo senape, del blu cobalto, del celeste carta da zucchero del velluto e della pelle scelta per divani e poltrone, con il ferro del bancone bar e della “tenda” metallica che separa la zona ristorante dal bar.
Infatti varcata la soglia di Clotilde, ci si trova nella zona cocktail dove un grande bancone con alti sgabelli e comode poltrone e pouf accoglieranno i clienti per sorseggiare qualche drink come Daiquiri, Kir Royal, Bloody Mary da accompagnare con piccoli assaggi della cucina come i mini hamburger con chip o il tris di Suppli (mozzarella e pomodoro, cacio e pepe, vegetariano). Superata la trina in ferro battuto, realizzata artigianalmente, si entra nella sala dove due differenti mise en place (con tovagliato e senza) crea un gioco asimmetrico, proprio come in una casa. Carta da parati geometrica, tavoli in cristallo e ferro, bicchieri di cristallo sfaccettato, illuminazione sui tavoli e opere d’arte di artisti della Galleria d’arte Arturarte Contemporanea donano a Clotilde il calore della magione di questa donna frizzante e raffinata.
I gruppi di amici troveranno il luogo prefetto ove accomodarsi nei tavoli tondi con apparecchiature con tovaglie in tessuti naturali mentre sul resto del locale i tavoli di vetro scuro specchiati, regaleranno quel tocco sofisticato da bistrot newyorchese.

Clotilde – la cucina e la sala
La scelta dello Chef Giorgio Baldari da parte di Clemente Quaglia è stata dettata dal voler dare una continuità anche in cucina del concetto di accoglienza prediligendo piatti semplici e di grande suggestione. Lo Chef Giorgio Baldari, Cuoco di Terra Madre e dell’Allenza, ha ideato per il Clotilde un menu che rispetti i principi di Slow Food del buono, pulito e giusto ponendo estrema cura nella scelta dei prodotti: la carne proviene da Angelo Feroci, la pasta fresca (solo la base, mentre le paste ripiene vengono chiuse “in casa”) dal Pastificio Secondi, i pomodori sono di Travaglini, i tartufi sono di Savini, il riso è Zaccaria. Tale attenzione ha dato vita a un menu alla carta (sia per pranzo che per cena) con un ampia proposta di piatti di tradizione in cui si fa un grande uso di materie prime del territorio laziale, con una particolare predilezione per le zone di Roma, Latina e Frosinone. Tra i piatti citiamo Tre polpette di una volta (di manzo al pomodoro, di vitello alla picchiapo’, di agnello con carciofi), Fondente di steccata di Morolo con broccoletti ripassati e salsiccia, Schiacciata di patate ed erbe di campo al formaggio conciato e guanciale di suino nero, Ravioli di coda nella sua salsa con pomodoro, pecorino e sedano croccante, Paccheri con fagioli, cozze e cotica soffiata al pecorino, Costolette di agnello panate e fritte con salsa di cacio, limone e uova, Polpo alla griglia con peperone crusco e patate all’olio di frantoio.
In sala Paolo Falchi che forte della sua esperienza in grandi e prestigiose strutture coordinerà una squadra formata da ragazzi e ragazze giovani, ma pieni di passione che offriranno un servizio fresco e piacevole.

Clotilde
Piazza Cardelli, 5/A , 5/B – 00187 Roma
Sito: www.ristoranteclotilde.it
E-mail: info@ristoranteclotilde.it
Tel.: 06 68805145
Orari di apertura
Lunch: dalle 12:30 alle 15:30
Servizio drink spirits: dalle 18:00
Dinner: dalle 19:30 alle 23:00

BOTTEGA LANCIA LA NUOVA CREMA AL PISTACCHIO

Pistacchio

I liquori cremosi rappresentano una categoria del beverage relativamente recente, che si è affermata in Italia, anche grazie ad alcuni marchi di successo provenienti dall’estero. Indicativamente sono prodotti di facile approccio e di immediato appeal che rientrano in una fascia di prezzo medio e che si rivolgono ai giovani e alle donne.
Bottega allarga la propria gamma di prodotti con il nuovo Pistacchio, un liquore cremoso e fragrante, che ha origine da una pasta ricavata dagli aromatici pistacchi di Sicilia. Questi frutti, da sempre rinomati per le proprietà alimentari e per la ricchezza dei loro principi nutritivi, nascono da una pianta originaria del Medio Oriente, che cresce spontanea e rigogliosa alle pendici dell’Etna. Dalla tradizionale raffinatura di soli pistacchi di Sicilia, una lavorazione tipica, si ottiene una pasta che mantiene intatte tutte le preziose caratteristiche organolettiche del frutto. La sapiente miscelazione della stessa pasta con alcol, acqua e zucchero dà vita ad un liquore cremoso, rotondo, avvolgente, dall’aroma intenso ed inebriante di pistacchi siciliani. L’aggiunta di grappa regala un tocco finale ed un’aromaticità inconfondibile.

Pistacchio ambientato
Pistacchio Bottega è un prodotto di grande personalità, che incontra il pieno favore dei consumatori per la sua immediata piacevolezza. La bassa gradazione alcolica (17% vol) lo rende un ottimo afterdinner, da consumare freddo, non solo dopo i pasti ma anche in qualsiasi momento della giornata. È inoltre un apprezzato ingrediente per la preparazione di gustosi cocktail e si sposa egregiamente con gelati a base di latte (vaniglia, crema, fiordilatte), dando origine a un gustoso “affogato”.
L’elegante packaging completa il profilo del prodotto. Il prezzo al pubblico per la bottiglia da 50 cl è di circa 14 €.

Finocchiona IGP e Cinta Senese DOP per un binomio perfetto ‘Certificazione al quadrato’ per un grande salume toscano

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Tra le eccellenze enogastronomiche toscane c’è un salume che rappresenta una vera ‘chicca’ per i palati più raffinati ed esigenti: la Finocchiona IGP prodotta con carni di Cinta Senese DOP. Un prodotto ottenuto, quindi, con una “doppia certificazione di qualità” e che sta conquistando nicchie di mercato nella ristorazione e tra gli appassionati di cibo.

Finocchiona IGP e Cinta Senese DOP. A caratterizzare la Finocchiona IGP ottenuta con carni di Cinta Senese DOP è la caratteristica qualità delle carni e la differente qualità di grasso. La Cinta senese, infatti, è una razza nota per la rusticità, che la rende adatta all’allevamento allo stato brado e semi–brado nel bosco e nelle distese erbose adibite a pascolo, tipiche della Toscana. Proprio le peculiarità territoriali, da cui derivano anche le caratteristiche uniche della sua alimentazione, sono alla base del gusto della carne, certificata DOP dal 2012. Le carni di Cinta Senese, infatti, si caratterizzano per una forte presenza di grasso di marezzatura, cioè con piccole infiltrazioni di grasso nella massa muscolare, e una bassa perdita liquidi, quindi acqua, al momento della cottura. Nella trasformazione in salumi e insaccati, come nel caso della Finocchiona IGP, i prodotti si contraddistinguono per le proprietà organolettiche che li rendono un’eccellenza e una particolarità della tradizione toscana: i salumi di Cinta Senese risultano ricchi di una maggiore concentrazione di acidi grassi insaturi e polinsaturi, che rendono il gusto “più morbido e rotondo” al palato.

Fabio Viani - presidente Consorzio tutela Finocchiona IGP

Nel mondo della Finocchiona IGP – spiega Fabio Viani, presidente del Consorzio di Tutela della Finocchiona IGP – esistono realtà produttive legate alla produzione di “Finocchiona IGP con carne di Cinta Senese DOP”. Siamo in un ambito di nicchia, visto che la produzione sfiora circa l’1 per cento, ma parliamo di un prodotto a doppia certificazione di qualità: la prima per i suini da cui si ottiene la carne e la seconda per il metodo di lavorazione. Il disciplinare di produzione della Finocchiona IGP impone, sempre e comunque, l’uso di tagli freschi di prima qualità di suini da libro genealogico italiano e, quindi, garanzia di una qualità superiore sulle tavole di tutti consumatori”.

Nel 2012 l’Unione Europea – afferma Chiara Santini, presidente del Consorzio di Tutela della Cinta Senese DOP – ha dato il via libera alla denominazione ‘Cinta senese’ per le carni fresche. Oggi la carne di Cinta Senese, il cui trend produttivo è in costante crescita, viene associata sempre di più alla regione di origine. L’allevamento allo stato brado e semibrado, con alimentazione in bosco o con pascolo erbaceo, insieme a un’integrazione del 2 per cento di cereali con mais, orzo e senza soia, come previsto nel Disciplinare di produzione, garantisce alla carne un maggior contenuto di grasso intramuscolare che la rende più morbida, sapida e succulenta. La carne di cinta senese presenta un maggiore contenuto di acido oleico e di acidi grassi polinsaturi, che garantiscono una rapida diffusione degli aromi utilizzati e la rendono più gradevole al palato”.

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Un anno di CheftoChef

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Presentata l’attività 2017 dell’associazione che riunisce i migliori chef e produttori enogastronomici dell’Emilia Romagna.
Villa Guastavillani a Bologna (sede di Bologna Business School) ha ospitato, come oramai tradizione, la presentazione del ricco programma d’attività che CheftoChef emiliaromagnacuochi ha in cantiere in questo 2017, tra eventi in Italia e all’estero, progetti di formazione e di divulgazione. Attività che hanno come denominatore comune la “cucina d’autore” per la valorizzazione dei grandi prodotti gastronomici dell’Emilia Romagna, una regione ricca di tradizione e di credibilità nel Mondo grazie anche alla grande riconoscibilità e autorevolezza che hanno conquistato, meritatamente, i nostri Chef.

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CheftoChef emiliaromagnacuochi (www.cheftochef.eu) è l’associazione che riunisce i cinquanta migliori chef, le cinquanta aziende compresi i più importanti Consorzi dei prodotti tipici e i gourmet di riferimento dell’Emilia Romagna. Presidente dell’Associazione, unica nel suo genere, è Massimo Spigaroli, Vice Presidenti Massimo Bottura e Paolo Teverini, Presidente Onorario Igles Corelli.
«Il 2017 è un anno importante per CheftoChef, nel quale cercheremo di organizzarci sempre al meglio e di consolidare i tanti risultati ottenuti – spiega il Presidente Spigaroli – L’Associazione unisce grandi chef e grandi produttori della regione perché è importante la sinergia e il confronto. Lo stesso confronto che sarà portato avanti anche con il mondo della formazione, perché il nostro sistema non si occupa solo di food, ma vuole migliorare l’immagine complessiva dell’Emilia Romagna e della nostra ristorazione nel suo complesso».

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Numerose sono le attività in parte già pianificate e in parte che si aggiungeranno nel corso dell’anno; alcune di queste meritano sicuramente una sottolineatura particolare, come quelle che porteranno gli chef dell’associazione in giro per l’Europa per una serie di appuntamenti in Inghilterra e in Spagna, dopo la positiva esperienza di New York sul finire del 2016. Sarà Londra a ospitare, in più riprese nel corso dell’anno, 4 cene e 3 workshop assieme al Consorzio del Parmigiano-Reggiano e al Consorzio Produttori Antiche Acetaie. Il “gemellaggio” gastronomico fra Emilia Romagna e Costa Brava porterà alcuni dei migliori chef catalani a Rimini per partecipare alla quarta edizione del grande evento “Al Mèni”, il circo mercato dei sapori (17 e 18 giugno). Gli chef regionali, invece, parteciperanno al Gastronomic Forum di Girona (19, 20 e 21 novembre), rinomata e importante fiera internazionale di cucina, un progetto pioniere nel settore dell’agroalimentare e della ristorazione nato nell’ormai lontano 1999. Fra le due trasferte, gli chef italo-spagnoli saranno anche protagonisti di alcune cene a 4 mani per un confronto fra due regioni similari tra loro: figlie di un turismo costiero e marittimo, hanno saputo rilanciarsi e imporsi a livello internazionale per l’alta qualità gastronomica proposta. L’Emilia Romagna sarà così protagonista con i suoi prodotti e la sua cucina in Paesi e mercati strategici per il consolidamento delle nostre esportazioni e per la diffusione della nostra cultura enogastronomica.

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Anche in questo 2017 non mancherà il tradizionale “CENTOMANI di questa terra”, la festa dei Soci e degli amici di CheftoChef, in programma il 3 aprile a Polesine Zibello (PR), all’Antica Corte Pallavicina dei Fratelli Spigaroli. Un’intera giornata di aggiornamento e di aggregazione che permette di riunire chef, produttori, gourmet, esperti del settore agroalimentare e naturalmente giovani talenti. Il tema portante dell’evento sarà “La sfida glocal: saperi tradizionali e competenze competitive per costruire nuove opportunità”, pertanto saranno ospitati cinque approfondimenti che partendo dall’esperienza di cinque ambiti diversi – ricerca, storia, turismo, sociale, impresa – risponderanno al quesito (che darà anche il titolo al forum) “E se fossero le province a essere la leva per la crescita internazionale?”. Rinnovata la formula della giornata, che affiancherà alla parte espositiva con tutti i produttori soci presenti, cooking show con protagonisti assieme 3 chef per volta che proporranno nuovi piatti e nuovi abbinamenti, e numerosi interventi sotto forma di keynote speech per fornire spunti di riflessione in diversi ambiti gastronomici.
Proseguirà, inoltre, per tutto l’anno la collaborazione fra CheftoChef e l’Antoniano di Bologna, lungo le direttrici del progetto solidal-culturale Food for Soul ideato da Massimo Bottura, che già nel 2015, anno di Expo, aveva portato all’apertura del Refettorio Ambrosiano a Milano, sempre con le stesse finalità benefiche, e che poi nel 2016 aveva ripetuto l’esperienza anche a Rio durante le Olimpiadi brasiliane. Un progetto che mira a costituire un senso di dignità “per tutti” intorno alla tavola. Gli chef dell’Associazione si alterneranno ai fornelli per preparare da mangiare per gli ospiti bisognosi del refettorio, che sarà così aperto anche alla sera, con quello che troveranno a disposizione in cucina: prodotti freschi o vicini alla scadenza, alimenti offerti o recuperati. Legata a questa importante attività CheftoChef presenta il manifesto “Filiere professionali e di volontariato per mense sociali e una moderna gastronomia regionale al servizio di comunità integrate”. Un documento che raccoglie sinteticamente la problematica affrontata da queste esperienze innovative e che vuole essere utile per facilitare, a tutti i livelli, progettazione e gestione anche in realtà meno strutturate, ma motivate, nel rendere servizi di accoglienza efficaci e integrati.
Sarà consolidata l’attività formativa in connessione con la programmazione della Regione Emilia-Romagna, dell’Ufficio Scolastico Regionale e dei singoli Istituti e Centri Professionali.
Per quanto attiene alle 12 “Città della gastronomia CheftoChef”, dopo l’esperienza successiva all’Expo e il consolidamento delle realtà UNESCO in regione (in primis Parma Città creativa della gastronomia, il Parco del Delta del Po e il Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano), prosegue l’attività incentrata sulle iniziative delle singole realtà ma sempre a vocazione regionale.

Il Lambrusco Ceci è donna

In controtendenza con quanto emerge dall’indagine promossa dalle Donne del Vino, l’azienda parmense conta nel suo organico una significante presenza femminile ed è una delle realtà più rosa del panorama enologico nazionale. Su un totale di 26 dipendenti, ben 12 (46%) sono donne di cui il 66,6% sotto i 45 anni e 4 ricoprono ruoli manageriali

Alessandro Ceci: “Essere affiancato da figure femminili mi ha reso sempre più consapevole che le signore sono sinonimo di maggiore sensibilità e affidabilità nel lavoro di tutti i giorni”

Alla luce di quanto emerge dall’indagine promossa dall’Associazione Donne del Vino, presentata a Roma pochi giorni fa e secondo cui le donne del vino in Italia hanno stipendi più bassi degli uomini, pochi figli e sono spesso vittime del sessismo, l’azienda parmense rappresenta decisamente un’eccezione nel panorama vinicolo italiano.

Con dodici donne (il 46%) su un totale di ventisei dipendenti, Ceci è infatti una delle realtà del settore a livello nazionale con maggior presenza di signore nell’organico e, cosa ancor più rilevante, molte di loro (ben otto il 66,6%) hanno meno di quarantacinque anni e in quattro rivestono ruoli manageriali. Un vanto per l’azienda vinicola di Torrile, ma ancora di più un punto di forza.

“Essere affiancato da figure femminili alla guida dell’azienda di famiglia – afferma Alessandro Ceci, titolare insieme a Maria Paola, Maria Teresa, Chiara ed Elisa – mi ha reso sempre più consapevole che le donne sono sinonimo di maggiore sensibilità e affidabilità. Per questo nella nostra cantina si respira rosa nel lavoro di tutti i giorni e in tutti i vari settori di competenza, con assolutamente pari diritti fra donne e uomini”.

“Speriamo – conclude Ceci – che il nostro esempio venga seguito da altre realtà del settore enologico che ha tanto bisogno di più femminilità!”

www.lambrusco.it

Nasce a Perugia Cecilia e Paul – cioccolato originale

Nasce nel centro storico di Perugia Cecilia e Paul – cioccolato originale: un laboratorio in cui Cecilia Iacobelli e Paul de Bondt proseguiranno la loro abituale produzione di cioccolato di qualità, introducendo anche la novità del Bean to Bar, letteralmente “dalla fava di cacao alla barretta di cioccolato”.
Il laboratorio è stato inaugurato in occasione dell’ultima edizione di Eurochocolate, in occasione della quale si sono svolte, in anteprima, oltre mille visite guidate.

Cecilia e Paul sono inseriti tra i primi 20 cioccolatieri al mondo, hanno iniziato la loro attività a Pisa nel 1993 e ora hanno scelto di trasferirsi a Perugia raccogliendo la sfida lanciata da Eugenio Guarducci: realizzare nel centro storico perugino una “fabbrica” di cioccolato artigianale.

La collaborazione risale già alla prima edizione di Eurochocolate quando Cecilia contattò Eurochocolate per candidare le loro praline ad una degustazione guidata. L’assaggio delle loro praline convinse il presidente di Eurochocolate, Eugenio Guarducci, a dare loro fiducia e a invitarli, insieme a produttori molto più conosciuti e già blasonati, ad Eurochocolate. Insieme portarono avanti i primi appuntamenti de La Compagnia del Cioccolato e nel 1996 realizzarono il primo Chocolate Show in via Mazzini. Da li iniziò la rapida crescita di Eurochocolate e, parallelamente, quella dei due maestri cioccolatieri che divennero in poco tempo i protagonisti del rinascimento culturale del Cioccolato Made in Italy.

Cecilia e Paul hanno ora deciso di accettare una sfida straordinaria e dall’alto valore simbolico e culturale, aprendo a Perugia, nella Città del Cioccolato per eccellenza, il loro laboratorio. A pochissimi passi da piazza IV Novembre, in via della Gabbia 3, è nato il sito produttivo di Cecilia e Paul – cioccolato originale in collaborazione con FBM, azienda leader nel settore dei macchinari per la realizzazione del cioccolato, e con UNOX.

La produzione Bean to Bar consente di realizzare, nel laboratorio, tutta la filiera della lavorazione del cacao, dalla tostatura del frutto fino al temperaggio e alla realizzazione del cioccolato pronto per essere venduto direttamente nel laboratorio.

Cecilia e Paul proseguono a Perugia, inoltre, nella loro tradizionale produzione artigianale di qualità, proponendo quelle creazioni grazie alle quali hanno conquistato il ruolo di protagonista tra i maestri cioccolatieri di tutto il mondo.

Benvenuto … “mena resta.urant”

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Dall’incontro della laguna con la pianura nasce un nuovo progetto gastronomico.

L’incontro genera valore, favorisce il cambiamento, crea ricchezza. Dall’incontro della laguna con la pianura, del ristorante “Le Antiche Sere” di Lesina con l’enoteca “Uvarara” di Foggia, nasce “mena resta.urant” il nuovo progetto gastronomico di Nazario Biscotti ed Ettore Pacilli, inaugurato ieri 18 gennaio in via Arpi 45.
Un ristorante che propone, con innovazione, la cucina del territorio. Una fusion Foggia-Lesina con altre contaminazioni. Un luogo per mangiare e incontrarsi, pensato per chi è alla ricerca di un boccone essenziale, ben elaborato, ben impiattato, senza mai rinunciare ad un buon vino, scegliendo tra circa 700 etichette.
«Un luogo che permette di viaggiare attraverso la Puglia, dalla costa all’entroterra, alla scoperta delle eccellenze del territorio che meritano attenzione», spiega lo chef Nazario Biscotti patron de “Le Antiche Sere”- ristorante che si affaccia sul lago di Lesina, ormai plurirecensito e presente sulle migliori guide – che nel 2015 ha portato la sua cucina pugliese all’Expo.
«L’idea di aprire insieme un ristorante a Foggia è nata dopo due stagioni di lavoro a “Le Antiche Sere” e diversi anni di conoscenza, perché pensiamo sia importante essere presenti anche in città», raccontano Nazario ed Ettore scambiandosi uno sguardo complice. Da qui il nome del ristorante, ispirato al diffuso modo di dire “mena, mè!” che invita a darsi una mossa.
Una location originale con 24 coperti e una cucina a vista, in poco più di 70 metri quadri dove volumi, colori e arredi sono stati pensati ad hoc dagli architetti Stefano Cibelli e Piero Guadagno.
«Siamo partiti dall’idea di inserire un volume distinguibile all’interno di uno spazio; un corpo inglobato in quello preesistente, una stratificazione visibile come accade nei nostri centri storici», spiega Stefano Cibelli che aggiunge: «Avevamo l’esigenza di allargare uno spazio molto compresso, lo abbiamo fatto stendendo dei tappeti di piastrelle che fisicamente piegano sulle strutture e delimitano le aree». Anche la scelta del colore è decisa: il bianco e il nero delimitano, segnano, creano lo spazio. A cura degli architetti anche i tavoli, che riproducono lo schema di un albero, un elemento centrale con dei rametti che reggono il piano, che prenderà vita velocemente con l’uso. A valorizzare il tutto contribuisce un unico sistema di illuminazione con un’asola centrale che corre lungo la volta.
Il viaggio gastronomico al “mena resta.urant” è iniziato mercoledì 18 gennaio con l’evento di inaugurazione, per poi proseguire tutti i giorni, dal martedì alla domenica, sia a pranzo che a cena.

Ritorno al classico

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Pitti Immagine Uomo anticipa la moda del prossimo autunno inverno, con un recupero del classico e qualche innovazione.

Anche la moda come la cucina non abbandona la tradizione, semmai si attualizza. La conferma viene visitando  gli stand affollatissimi, della edizione che si chiude oggi 13 gennaio di Pitti Immagine Uomo. I colori ed i tagli sartoriali proposti per la stagione più fredda del prossimo anno, sono un netto ritorno al classico, ad un recente passato che negli ultimi anni era stato stravolto, a volte anche reso poco elegante, contravvenendo invece a quello che la moda di per se dovrebbe fornire: abbellire ed impreziosire chi la indossa. Colori caldi, toni decisi, stoffe ricche e preziose al tempo stesso. Ottime le fatture di soprabiti e giacconi, curati gli abiti che dimostrano una particolare attenzione al ritorno al “maschile” di una moda che negli ultimi tempi aveva offerto spunti fin troppo femminili, sia nei vestiti che negli accessori. Anche questi ultimi, di ogni specie, tra gli utili ed i superflui, dimostrano quel leggero tono retrò, che ben si sposa con l’innovazione. Come nelle recenti edizioni si nota una grande proposta ed attenzione al cappello, accessorio che, oltre alla utilità, diviene anche simbolo di quella voglia di identificarsi, di abbandonare la globalizzazione del vestire, proposta negli anni precedenti, a vantaggio di una personale visione del proprio essere.

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Non poteva mancare in questo contesto la visita ad uno dei più importanti ed apprezzati laboratori di cappelli italiani, Doria 1905. La collezione Doria 1905 trae linfa creativa dalla rivisitazione del suo importante passato e dallo studio degli archivi storici dell¹azienda. Il grande ritorno al classico si sviluppa attorno ai grandi capisaldi e alle lavorazioni che hanno reso lo storico marchio una vera e propria icona della sartorialità del berretto e del cappello in tessuto.
La versatilità che offrono le forme ed i tessuti fanno di questa collezione un tripudio al bello, all’elegante ed al tempo stesso al contemporaneo, evidenziando quanto anche i caldi colori proposti incidano amplificando la qualità della confezione e della maestria che questi abili artigiani sanno donare in ogni realizzazione.
La filiera produttiva si sofferma con attenzione in ogni fase, dal taglio in sbieco in alcuni particolari complementi, alla cura dello stiro sulle antiche forma di legno, dalla ricercatezza delle fodere che riportano il crest stampato all¹originale scudetto Doria 1905, alla spazzolatura finale, rigorosamente manuale e su legno, riservata ad ogni copricapo.

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La collezioni proposte nelle precedenti edizioni volgevano più al viaggio, ai colori dei prodotti della ricca terra pugliese, mentre quella attuale va alla ricerca delle origini dell’azienda, negli anni Venti dove il cappello era simbolo non solo di eleganza ma anche di status.
Centododici anni di passione per questa azienda che riesce a trasmettere in ogni piccolo dettaglio. Tanto di cappello quindi a questa collezione…Doria 1905 …naturalmente!

Marco Marucelli

American Diner a Firenze inaugura un nuovo locale dove i sogni dei mitici anni ’50 divengono realtà.

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Metti la voglia di qualcosa di buono, il desiderio di trascorrere un’ora in un ambiente che rievochi quelli che possono esser definiti gli Happy Days dei giorni nostri, scenografie davvero importanti e ultimo, ma non per ultimo, il servizio impeccabile di abili cameriere su pattini a rotelle. Questa è l’alchimia che ha come risultato il nuovissimo locale che arricchisce, non solo cromaticamente, il centro fiorentino.

IMG_20161221_125356Qualche ora prima dell’inaugurazione ufficiale di questa “tavola calda” di ispirazione americana, mercoledì 21 dicembre, la stampa di settore ha avuto il piacere di visitare e degustare in anteprima le peculiarità gastronomiche e architettoniche di 1950 American Diner. Non si tratta di una nuova apertura ma bensì della riapertura, a seguito del trasferimento in questa nuova sede, dei locali che già erano presenti a Firenze. Un cambio davvero esuberante se si pensa ai 1000 mq. di locali, che consentono a 300 persone di sedere comodamente, di proporre un menù allargato e davvero ricco, una sala interamente dedicata alla caffetteria, uno spazio per lo street food e per il brunch all’americana. Nell’area bistrot, un privè allestito ad officina vintage, una vecchia Cadillac che sovrasta il banco, un mini diner per bambini in uno spazio che potrà essere anche prenotato interamente per festicciole con o senza animazione.

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L’apertura 7 giorni alla settimana, tutto l’anno, dalle 7 di mattina alle 1 di notte, garantirà una fruibilità a 360 gradi, per i vari momenti quotidiani di appagamento del gusto. Il locale è la nona apertura di altrettante realtà gastronomiche, ideate dalla famiglia Tramonti/Menta, che oggi conta otto locali (essendo appunto quello di Firenze una riapertura) che vanno dal primo nato a Calenzano, fino a Parma, attraverso Pontedera, Forte dei Marmi, Poggibonsi, Figline Valdarno e Livorno. L’ultimo nato diviene oggi il più grande per dimensioni, con la doppia cucina, di cui una specifica per il Burritos Bar che si apre su via Nazionale, dedicata al suo menù di burger e streetfood da gustare al volo, da portar via, da consumare al banco o seduti negli ampi spazi. Tra l’altro il locale è certificato A.I.C. così da presentare un incredibile menù senza glutine che si affianca anche alle varie proposte vegetariane e vegane, così da accontentare sia chi ha problematiche alimentari, sia chi segue mode o filosofie del momento.

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Potremmo raccontare ancora innumerevoli sfumature di questo magico caleidoscopio che è 1950 American Diner, ma non vogliamo inibire la curiosità del lettore, così da invitarlo a vivere qualche momento di sano passato con un tuffo negli anni ’50, i materiali esposti sono affascinanti originali o pregevoli imitazioni, ma l’atmosfera che si respira è autentica…attenzione che potreste trovare Richie Cunningham e Fonzie al banco ad attendere gli altri protagonisti della serie TV “Happy Days”, che appassionò molti giovani negli anni 70/80!

(Marco Marucelli)

 

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E’ PRODOTTA DA CURA NATURA LA PRIMA CARNE SUINA PIU’ OMEGA 3, BUONA COME IL MAIALE, SANA COME IL PESCE

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Mangiare carne di maiale senza sensi di colpa oggi si può. Nasce in Italia, precisamente in Emilia Romagna, il suino con carne ricca di Omega 3, il primo esempio di come portare in tavola sapore e proteine della carne unite ai famosi grassi insaturi tanto raccomandati dai nutrizionisti. La prima azienda a livello nazionale a raggiungere questo traguardo è Cura Natura, allevatori DOP a Castelvetro (MO) con una vocazione alla ricerca, al benessere animale e alla salute attraverso l’alimentazione. Cura Natura insieme ai produttori di alimenti zootecnici del gruppo Ferri, di cui fa parte, ha siglato attraverso Fattorie Italiane un accordo esclusivo con l’associazione francese Blue Blanc Coeur che le consente di produrre e promuovere, unica in Italia per il settore suini, un allevamento “etico” basato su un’alimentazione naturale e arricchita di Omega 3. La “ricetta” studiata dai nutrizionisti della Ferri sulla base dei protocolli BBC prevede per l’alimentazione dei suini un mix di prodotti vegetali, minerali, vitamine e semi, tra cui i famosi semi di lino che sono tra i maggiori fornitori di questi “grassi buoni”.Per fare un paragone, come il pesce assume gli Omega 3 cibandosi di alghe, così i suini li assumono dai semi di lino.

Superato dunque il dilemma “carne o pesce?” Sembra proprio di sì, a guardare i valori nutrizionali da tabelle INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione). Cento grammi di lombo fresco, per esempio, passano dal contenuto attuale di 0,08 grammi di Omega 3 a 0,24 grammi nei suini della filiera Blue Blanc Core, mentre mangiando la stessa quantità di tonno o di salmone freschi assumeremmo 0,09 grammi di Omega3. Contenuti importanti anche nei prodotti lavorati da carni suine: si passa per esempio dai 0,11 ai 0,55 nel prosciutto di Parma e da 0,16 a 0,75 grammi nella mortadella di Bologna IGP.

Al di là dei numeri, il risultato della nuova filiera di prodotti derivati dal suino sono una carne che mantiene naturalmente inalterati sapore e gusto e può entrare a pieno titolo nelle diete più equilibrate, in quelle per gli sportivi, o per gli anziani, grazie all’ apporto degli Omega 3 con i loro riconosciuti effetti anticolesterolo, antiossidanti e protettivi del sistema cardiaco. Mangiare maiale e mangiare sano diventa così una missione possibile.

L’ accordo tra Cura Natura, il gruppo Ferri e Blue Blanc Coeur nasce da una identità di obiettivi che si sono incontrati in un progetto comune.

Blue Blanc Coeur nasce nel 2000 in Francia per promuovere un’agricoltura con vocazione alla salute che si pone precisi obiettivi dalla coltivazione, all’ Allevamento, alla tavola secondo protocolli di produzione che prevedono obblighi di mezzi, di risultati, di tracciabilità. I prodotti della filiera BBC tendono ad un Miglioramento del profilo lipidico (meno grassi saturi e acidi grassi omega 6, più acidi grassi Omega 3) che contribuisce ad   una migliore nutrizione umana. I benefici di latte, uova, pane, pasta, carne bovina e da oggi anche carne suina arricchiti di Omega 3 secondo il protocollo BBC sono stati ampiamente dimostrati attraverso studi scientifici e 5 studi clinici pubblicati su riviste internazionali con comitati indipendenti di valutazione.

Per Cura Natura l’adozione del protocollo BCC è la naturale evoluzione di un percorso già intrapreso. Il sistema di allevamento dell’azienda di Castelvetro infatti, con i prodotti zootecnici di Ferri, è orientato all’ alimentazione animale No Ogm a base di cereali del territorio. Ora, con la garanzia BBC accanto al marchio Cura Natura, salumifici, macellerie, ristoratori, grande distribuzione, consumatori, insomma tutti i soggetti attenti a ciò che succede dal campo alla tavola, potranno richiedere a Cura Natura l’unica carne “più” Omega 3, buona come il maiale, sana come il pesce.