La data della prossima cinquantunesima edizione è già confermata: dal 9 al 12 aprile 2017, speriamo che nel frattempo ci sia anche l’indicazione di una location consona a questa grande kermesse internazionale del vino, che dovrebbe dar lustro all’Italia e che, se ci riesce per quanto riguarda la qualità di tanti vini e produttori presenti , pecca ogni giorno di più per esser divenuta impraticabile dagli addetti ai lavori.
Prima di presentare la selezione di scoperte e conferme ricevute durante la mia visita ai vari padiglioni del 50esimo Vinitaly è necessario far conoscere le gravi problematiche che ogni giorno devono accollarsi, espositori, addetti ai lavori e normali visitatori paganti (se non hanno sconti o agevolazioni … ben 80 euro al giorno). L’accesso alla Fiera è certamente penalizzato sia dal traffico urbano che da quello autostradale per cui, se si riesce ad arrivare a Verona in orario “adeguato”, si viene imbottigliati da assurdi ingorghi che ti fanno ricordare gli esodi biblici. Una volta conquistato il parcheggio altra coda per entrare e ovviamente gran consumo di suole di scarpe visto che, contrariamente a quanto indicato sulle piantine esposte, molti produttori di varie regioni sono inseriti in padiglioni che niente hanno a che vedere con la propria terra … alla faccia della globalizzazione. Per cui se ti interessano i produttori campani devi armarti di pazienza e di grande fiato per girare praticamente tutti i padiglioni non essendoci un punto che li raccolga. E questo vale per tutte le regioni. Se invece un visitatore volesse usare i mezzi pubblici, cercando così di limitare il traffico nella città di Giulietta e Romeo, magari per comodità ed anche per risparmiare qualche euro (visto che i prezzi degli alberghi veronesi fermentano in questi giorni nemmeno fossero in autoclave) e scegliesse di alloggiare nella prima periferia o sul vicino Lago di Garda, la mattina potrebbe prendere un comodissimo treno facendo la sua bella mezzora di coda in stazione per acquistare il biglietto, viaggiando venti o trenta minuti come una acciuga nel suo barile ed arrivare, dopo con la stessa modalità delle sardine, inscatolato nella navetta che attraverso un improbabile tragitto di tre quarti d’ora ti consegna stanco, provato, stropicciato, agli impegni intensi che la giornata ti riserva.
Nella speranza, ogni anno affievolita, che l’organizzazione insieme alla città provveda a migliorare le condizioni dell’evento e al tempo stesso rispettare la bella città di Verona che la ospita, possiamo iniziare il nostro tour attraverso il bello e il buono girellando per i giacimenti enoici italiani.
Immancabile ci aspetta il grande salone della Lombardia con la rappresentazione delle sue zone vocate che sono degnamente concentrate intorno alla Franciacorta. Autentica perla della produzione vinicola lombarda, non adombra, bensì amplifica la risonanza di questa regione nel panorama internazionale. La setosità dei suoi vini, la gradevolezza dei bouquet e la giovanile effervescenza apre il palato ai grandi e poderosi rossi della Valtellina e ai delicati rosati delle rive bresciane del Garda, tanto per citarne alcuni. Per la Franciacorta abbiamo, con le mie fedeli collaboratrici, selezionato alcune aziende seppur ci fosse l’imbarazzo della scelta.
La Montina di Monticelli Brusati che nel suo stand “green” ha presentato la nuova annata del suo Franciacorta Millesimato Brut 2009 mentre nelle vicinanze la Fratelli Berlucchi con la frizzante Tilli Rizzo presentava la nuova linea Freccianera, il nome che ha portato fortuna lo scorso anno al Franciacorta Brut Millesimo 2007 prodotto in serie limitata, che oggi diventa una famiglia: Freccianera Collection. Etichetta quindi gli storici millesimati che si presentano in una nuova veste: Freccianera Brut, Freccianera Rosa, Freccianera Satèn e Freccianera Nature.
Altro stand di prestigio è quello della Guido Berlucchi, dove abbiamo degustato il Berlucchi ’61 Nature Millesimato che unisce la carnosità dello Chardonnay alla mineralità del Pinot Nero, proposto senza sciroppo di dosaggio, così da esaltare anche l’anima più vera e pura.
Dalla Lombardia all’Emilia Romagna il passo è breve, non solo geograficamente, ma anche come collocazione di padiglioni. Qui la simpatia innata delle persone si rispecchia anche nei vini, come sempre questa manifestazione lascia l’imbarazzo della scelta dovendo comunque cercare qualche novità, trascurando invece altri ottimi vini per motivi “tecnici”.
La scelta è caduta su Cantine Ceci che come sempre nella sua elegante veste propone delle novità non solo di qualità ma anche di ottimo gusto. Il suo “profumo” Nàni in bottiglia da 0,75 è l’espressione di uno spumante luxury. una bottiglia raffinata avvolta da petali che si schiudono come quelli di un fiore. “Náni di Otello” è un ottimo Chardonnay in purezza, spumantizzato Charmat con metodo Martinotti, realizzato con la collaborazione dell’enologo Nico Danesi, prodotto nelle versioni Brut ed Extra Dry e contenuto in una elegantissima bottiglia che a prima vista sembra proprio un profumo di altissimo valore. Si attraversa il padiglione della Sicilia con i grandi vini di questa isola che raccoglie tanti vitigni tra internazionali e autoctoni che l’hanno portata alla ribalta dell’economia del vino per i profumi e gli aromi che si concentrano nei mosti. Curiosa la vicinanza del più lontano Trentino, che nel suo spazio accoglie piccoli e grandi produttori di possenti rossi e delicati bianchi che ci conducono, quasi per incanto, tra le braccia del Veneto. Qui si gioca in casa, come si direbbe in gergo calcistico, ogni angolo parla di vino di tutti i colori. Dai corposi Amaroni, ai delicati Chiaretti “rosati di una notte” fino ai bianchi profumati della Valpolicella o ai frizzanti Prosecchi del trevigiano.
Tra le novità ho scelto quella proposta da Maccari Vini che ha presentato il progetto IGT con cui si intende valorizzare il vino alla spina, molto diffuso in osterie e pizzerie, infustando i tradizionali vini veneti e servendoli poi in anfore di vetro serigrafate col marchio aziendale e con una foderina che segnala il vitigno con cui è prodotto il vino servito. Un’idea per apprezzare al meglio e fare cultura. Un grande gruppo veneto, ma che riferisce la sua attività in varie regioni italiane, è Santa Margherita che nel suo grande padiglione ha presentato le nuove annate delle varie aziende e oltre a rafforzare la sua partnership con l’organizzazione della storica Mille Miglia ha riservato ad alcune bottiglie il restayling grafico.
Il Lazio si raggiunge con grande facilità, anche se nell’aria dei padiglioni il tasso etilico è sempre più alto, così come la passione che tramandano nei loro vini i produttori della Tuscia, dei colli o del sud di questa regione. Il nostro percorso prosegue nel padiglione della Campania con la sua estensione riservata ai vini dell’Irpinia. Da notare che quest’anno alcuni produttori delle varie regioni per motivi logistici erano stati inseriti in altri padiglioni e quindi alcuni vini degustati non rispecchiamo la naturale location , seppur ne parleremo quando facciamo riferimento al territorio. Tra questi i vini di eroici viticoltori della costiera amalfitana, rappresentati da Marisa Cuomo con i suoi Furore e Costa d’Amalfi. Basta andare in questi luoghi meravigliosi per capire come l’uomo debba faticare per raccogliere le uve che diverranno importanti vini.
Anche l’Irpinia con i produttori avellinesi fa la parte del leone in Campania , spumanti di aglianico irpino, rossi da togliere il fiato e bianchi di una mineralità incredibile, queste le proposte che siamo riusciti a gustare. Le cantine che hanno rappresentato egregiamente queste eccellenze sono state l’Az.Agr. Montesole di Serra di Montefusco e Sertura di Avellino.
Sembra un sogno ma uscire dagli stand campani ed arrivare ad assaporare i fruttati ed intensi sapori dei vini dell’Alto Adige prima e del Friuli Venezia Giulia, è una stupenda realtà. Il Consorzio Vini Alto Adige era presente con uno stand collettivo assieme a 79 cantine. Quattro giorni di degustazioni tematiche che hanno spaziato dai Pinot e dagli spumanti ai vitigni autoctoni, dai bordolesi ai bianchi nordici. Il Friuli Venezia Giulia oltre che per i grandi vini è conosciuto anche per una grande tradizione vinicola che può esser ben raccolta nel vino da collezione “50esimo LIVON 2014“ prodotto con le uve di Ribolla Gialla e Friulano raccolte in occasione dei festeggiamenti del cinquantesimo anniversario dell’azienda Livon conosciuta nel mondo grazie anche al suo Braide Alte. Il settimo padiglione era interamente dedicato alle Marche, territorio quasi speculare alla Toscana, che da anni presenta vini di grande pregio. La degustazione da segnalare è quella effettuata nello stand di Moncaro dove veniva presentato Madreperla spumante metodo classico, nelle due versioni 60 mesi sui lieviti e Pas Dosè 84 mesi sui lieviti. Proseguendo il percorso quasi come fosse un filare di viti, eccoci tra i nettari del Molise e della Sardegna, qui probabilmente a causa dell’orario poco consono, gli stand erano assediati e non ci è stato possibile effettuare alcuna degustazione, ma ci siamo ripromessi di effettuarle in prossime occasioni.
Il padiglione della Toscana è ogni anno più grande e ricco, impossibile girarlo tutto soffermandosi con calma, ma al tempo stesso impossibile non fermarsi a salutare amici e grandi produttori come ad esempio Silvia, Riccardo e Benedetto Baracchi da Cortona, con i suoi metodo classico, il suo fantasmagorico Pinot Nero e gli altri suoi vini dai nomi evocanti la passione per la falconeria.
Una visita allo stand del mitico Antonio Arrighi che oltre al suo Aleatico elbano presentava il progetto di affinamento in anfora di terracotta dei suoi vini alla stregua di un antico romano. Altra scoperta sono stati il Pugnitello e il Ciliegiolo, entrambi in purezza, dell’Az. Vinicola Simona Ceccherini di Massa Marittima.
E se la Toscana è infinita nella sua proposta, non è da meno il Piemonte con i suoi robusti vini che lo rendono tra le regioni più amate dagli intenditori italiani e d’oltralpe.
Immancabile la sosta dall’amico e grande produttore di Ruchè del Monferrato, Franco Morando di Montalbera, che ogni anno stupisce con effetti ed affetti speciali, legati a questo vino, con varie declinazioni (quest’anno anche la versione vegana) che riflette quanto un vitigno autoctono e indigeno, possa attrarre una così diversa tipologia di palati, facilitando amicizie come quelle fatte al tavolino degustando un calice di Ruchè con altri grandi produttori come Claudia Angelini del gruppo Farina che ha nel suo “paniere” ben cinque aziende vinicole tra Piemonte, Toscana e Puglia.
Nonostante la stanchezza fisica e degustativa si faccia sentire, stoicamente, proseguiamo verso il padiglione che accoglie Calabria, Abruzzo, Liguria e Valle d’Aosta. La Calabria ci ha dato una bella occasione per apprezzare, in una degustazione guidata, i suoi vini che negli ultimi anni stanno evolvendo e si stanno facendo conoscere sul mercato. Oltre all’evento a cui abbiamo partecipato, che aveva un titolo assolutamente chiaro, “Tremila anni di storia, tradizioni e cultura: la nostra passione nel tuo bicchiere” , si sono alternate altre occasioni che hanno messo in luce i vari vini da vitigni giunti in questo territorio da altri paesi, migliaia di anni fa: dal Gaglioppo al Magliocco, passando per il Nerello, il Greco nero, il Castiglione. Dai poderosi vini Calabresi siamo passati ai fruttati vermentini liguri tra cui spiccavano quelli delle Cantine Lunae Bosoni con il Cavagino, l’Etichetta Grigia e l’Etichetta Nera nelle nuove annate. L’Abruzzo con i suoi Montepulciano e Trebbiano, presentava tante iniziative, tra queste c’è stata la sfida per la promozione enogastronomica regionale attraverso la degustazione promossa dall’Associazione nazionale “Le donne del Vino”. Un percorso tra i dolci tipici abruzzesi e gli abbinamenti per tradizione con i migliori vini regionali. Non potevamo lasciare il padiglione senza un giro tra i vini di agricoltura biodinamica ed eroica, che presenta la Valle d’Aosta, con le vigne strappate alla montagna. Il padiglione etichettato con il numero 12 racchiudeva le eccellenze di Puglia e Basilicata. Quest’ultima presentava, attraverso il vino, anche il suo territorio con eccellenze gastronomiche abbinate al grande Aglianico del Vulture di cui, ad esempio, Cantine del Notaio è una delle migliori espressioni.
Ma la fragola Candonga Top Quality, grande prodotto di stagione dell’agricoltura lucana, aveva il suo fascino immersa tra i vini vulcanici, il suo inconfondibile colore, il suo profumo e il suo sapore contribuivano ad amplificare il valore di questo piccolo grande giacimento agroalimentare che è la Basilicata.
Conosciuta in tutto il mondo per le sue bellezze naturali, per la sua cucina ricca ma semplice al tempo stesso, e da qualche anno anche per i suoi vini di grande qualità, la Puglia, come sempre ci ha riservato una calorosa accoglienza e le sorprese enoiche non sono mancate, tra i vari vini rossi e rosati di cui, una fra tutte, la Cantine della Bardulia, si è fatta promotrice con espressioni di ottima bevibilità .
Non poteva mancare la presenza ad uno degli eventi più importanti del fuori salone e quest’anno abbiamo scelto la Franciacorta, ospiti di Villa Baiana per la serata organizzata da La Montina per festeggiare i successi dei suoi vini.
Una serata all’insegna del buon cibo e del buon bere, come da tradizione, per allietare gli animi e far rilassare i corpi, stanchi ma appagati, e magari anche piacevolmente rinfrancati da queste giornate piene di grandi vini, conosciuti da tanti, apprezzati da molti ma che ancora non vengono percepiti, da una politica sterile, come vero giacimento di questa nostra Italia che esplode di gusto ma che, sempre più, viene soffocata da ignoranza e poca lungimiranza di chi è al potere.