Che sia aprile o marzo il clima che si respira al Vinitaly di Verona è sempre molto simile. Non un evento ma l’evento maggiormente atteso dagli addetti ai lavori e dai sempre più numerosi veri appassionati che si sommano ai troppi (forse anche troppe) avvinazzati che, nulla capiscano di vino, salvo che li trasporta con l’abuso, ad un mondo distante dalla realtà, compresa quella per cui questo evento è realizzato.
Bere bene, bere poco e consapevole non solo di quanto hai nel bicchiere, ma soprattutto di cosa hai nel calice. Dopo aver preso coscienza di questa realtà che pullula dentro e fuori ai padiglioni, devo ancora una volta rimarcare le problematiche che sempre più, anno dopo anno, investono questo salone. La prima, oramai annosa, è quella dei furbetti dell’ospitalità che contravvenendo a qualsiasi regola lucrano su chi vuole e/o deve presenziare a Verona, applicando tariffe alberghiere oltre ogni limite di altissima stagione oltre alla viabilità che resta sempre il problema più irrisolvibile. Per il primo basta spostarsi verso il Lago di Garda e qualche soluzione decorosa e a prezzo giusto si trova, che non riguarda solo chi arriva in auto ma anche chi, come me, predilige lasciare l’auto fuori Verona e raggiungere la città dell’Arena in treno. A parte il numero di navette, che magari potrà essere anche adeguato, queste caricano i passeggeri fino all’inverosimile e anziché avere una corsia preferenziale per raggiungere in poco tempo la fiera e ritornare alla stazione, sono obbligate a seguire il traffico normale con aggravio di tempistiche da e per la sede fieristica.
A parte queste considerazioni tecniche, la 51esima edizione della kermesse vinicola (ma non solo) veronese è stata come ogni anno ricca di novità, in molti casi davvero interessanti. Impossibile in un paio di giorni visitare attentamente la dozzina di padiglioni ufficiali oltre agli annessi e connessi. E’ necessario quindi fare un riassunto del percorso che tra un appuntamento ed un altro è stato possibile verificare e che volentieri metto a disposizione dei miei lettori. Cercherò, nei limiti del possibile di seguire un senso logico al mio tour enoico, ma proprio per dare quel giusto peso che meritano le regioni del sud Italia, partirò come i gamberi dall’ultimo padiglione (in senso numerico) fino a raggiungere i produttori della Lombardia.
I padiglioni 12 ed 11 accolgono la maggior parte di aziende di Puglia, Basilicata, Molise, Abruzzo, Calabria, Liguria e Valle d’Aosta. Seppur agevoli nella visita, visto il diverso affollamento per questioni logistiche, ho potuto degustare alcune eccellenze prima in Puglia dove hanno fatto una ottima impressione le nuove annate in commercio dei vini della Cantina della Bardulia di Barletta, mentre una grande e gustosa scoperta è stata lo stand del Consorzio Tutela del Primitivo di Manduria (www.consorziotutelaprimitivo.com), dove facevano bella mostra di se una ricca selezione di Primitivi da fare impazzire qualsiasi intenditore. Nel padiglione 12, degno rappresentante della Liguria è la sempre meglio presentata Cantina Lunae Bosoni che con i suoi vini bianchi, rosati e rossi ed i suoi liquori della linea Essentiae ha una produzione di estrema qualità che accontenta ogni intenditore. Visto che gli spazi sono così concentrati, passare dai ricchi sentori enoici pugliesi attraverso quelli profumati liguri per arrivare ai poderosi vini piemontesi è proprio questione di metri. Il padiglione 10 infatti raccoglie le aziende piemontesi, qui è già più difficile spostarsi, il richiamo di questo territorio è forte e gli espositori cercano di accogliere al meglio i visitatori. Una visita al consorzio di tutela dell’ASTI DOCG e del MOSCATO D’ASTI DOCG (www.astidocg.it) è stata l’occasione per far partecipi le papille gustative di questi dolci nettari che hanno appena addomesticato il palato in attesa di nuove sensazioni.
Basta fare pochi passi ed ecco che il sorriso accattivante di Franco Morando, degno padrone di casa dell’az. Agr. Montalbera, ti accoglie nel grande e frequentato stand, dove accanto alle nuove annate del Ruchè, oramai divenuto parte del mio DNA, ho assaggiato un bianco davvero entusiasmante, Calypsos Letichettanera, un Viogner che si affina per circa un anno in tonneaux e che rilascia tutta la sua freschezza con un finale davvero speciale.
Dopo aver apposto la firma sulla bacheca posizionata all’ingresso dello stand mi sono accomiatato dirigendomi nelle vicinanze ad uno stand insolito per il Vinitaly, quello di Acqua San Benedetto (www.sanbenedetto.it) che oltre a riequilibrare e dissetare con le proprie acque minerali i visitatori aveva in degustazione il nuovo Ginger Spritz, un aperitivo analcolico da bersi liscio oppure come base per uno spritz personalizzato. Il padiglione Piemonte è strettamente collegato con un’altra grande area vocata al vino: la Toscana. Qui non è stato facile selezionare le aziende, vista la grande presenza di produttori di ottimo livello apprezzati da tanti anni e spesso divenuti anche amici. Per dovere di cronaca è giusto però segnalare alcune conferme o novità, degustate in questa due giorni veronese.
Il Consorzio del Chianti Classico Gallo Nero (www.chianticlassico.com) oltre ad accogliere nella sua area le aziende consociate, presentava due iniziative legate alla diffusione e protezione del brand Gallo Nero. La prima che si rivolgeva alle aziende per tutelare da eventuali frodi di mercato ma anche fruibile come strumento di marketing, l’altro evento, sportivo, è stato dedicato al ritorno nel territorio del Chianti Classico della famosa corsa automobilistica delle 1000 miglia. Immancabile la sosta allo stand di Riccardo Baracchi dove la famiglia al completo, con la simpatia di sempre, propone la degustazione dei grandi vini che il territorio di Cortona riesce a dare tra cui i grandi Trebbiano e Sangiovese Metodo Classico. Per i vini della val d’Orcia la novità che ho provato è stata quella proposta da Marco Capitoni con il suo Troccolone affinato in anfora.
Un incontro davvero ricco di emozioni è stato quello con Podere dell’Anselmo di Forconi Fabrizio che a Montespertoli produce dei vini con grande personalità il suo Chianti DOCG con un anno e mezzo di invecchiamento in acciaio e bottiglia è un vero inno alla gioia. Assaggiate anche annate precedenti che fanno capire la longevità incredibile di questi nettari. Ultima ma non ultima la visita allo stand di Stefano Farina (www.stefanofarinavini.it) che nell’ottica del rinnovamento anche grafico presenta Chianti Classico Gran Selezione Le Bocce, con una accattivante etichetta che esprime il contenuto poderoso di questo vino. Da ricordare di questa azienda oltre alla Fattoria Le Bocce a Panzano in Chianti anche La Fattoria Albereto a Subbiano (AR), la Cascina La Traversa e la Tenuta San Quirico nel cuneese e la Masseria La Rosa del Salice in Salento. Un gruppo vinicolo che sta proponendo grandi vini nelle varie declinazioni regionali seguendo una tradizione familiare con un sguardo sempre rivolto al futuro. Non serve attraversare il Mar Tirreno per giungere al padiglione 8 che accoglie la Sardegna (ma non solo) con i suoi bianchi delicati e i rossi corposi come il Cannonau. In questa location un po’ eterogenea hanno spazio anche altre realtà regionali o associative quali ad esempio la F.I.V.I. la federazione italiana dei vignaioli indipendenti o la Vi.Vi.T (Vigne, Vignaioli e Terroir) che promuovono con banchi di assaggio alcune piccole aziende con grandi vini.
Alcuni assaggi possono dare un’idea di quanto lavoro ci sia in questo settore e l’impegno che viene profuso in particolare in queste piccole aziende per ricavare dei veri gioielli. La Piotta – Padroggi Luigi nell’Oltrepo Pavese si distingue per i suoi vini e spumanti bio, mentre poco distante un binomio Toscana-Piemonte inscindibile, si tratta della Fattoria La Maliosa e di Case Corini, la prima produce nella Maremma Toscana un ottimo bianco a base di Procanico ed un classico Sangiovese 100% il Tarconte che è affinato in botti per circa 16 mesi. Al fianco con la stessa filosofia produttiva da Costigliole d’Asti Guido Corino con Case Corini e la sua interessantissima Barbera che si può “abbinare” perfettamente alla lettura dei pensieri che Guido ha racchiuso in un libro dal titolo quanto mai esplicito “Vigne, Vino, Vita i miei pensieri naturali”. Poco più in la trovo invece il desk di assaggio di Simona Ceccherini che dalla Maremma Toscana ci fa vivere emozioni con i suoi vini a base di Ciliegiolo e Pugnitello in purezza e nella fresca versione rosato con uve Ciliegiolo e Syrah. Lasciato questo giacimento di belle novità, raggiungo il padiglione 7 con le Marche, realtà vitivinicola molto importante che ho gustato attraverso le proposte di Moncaro, una tra le più grandi cantine marchigiane, dove ho degustato un’autentica eccellenza che andava oltre i grandi vini quali Verdicchio, Piceno e Conero e si è trattata di un’autentica grande conferma che porta il nome di Tordiruta Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Passito. Lascio quindi i grandi vini marchigiani per avvicinarmi al padiglione 6 dove, tra gli altri, la fanno da padrone i grandi bianchi Altoatesini.
L’evento scaligero è stata l’occasione per festeggiare i 30 anni di vita della linea Sanct Valentin, punta di diamante della produzione dei vini della Cantina San Michele-Appiano, che quest’anno oltre ai grandi vini storici ha presentato la nuova cuvèe Cabernet-Merlot 2013, il blend in stile bordolese. Altra eccellenza sudtirolese è quella di Kettmeir del gruppo vinicolo Santa Margherita che ha presentato il metodo classico “1919” Riserva Extra Brut Alto Adige DOC 2011. Con pochi passi, attraversando la strada, ci troviamo proiettati nel padiglione 5 che accoglie i vini di casa, siamo in Veneto e tra Amarone, Soave, Lugana e Chiaretto, tanto per citarne alcuni, ci si inebria solo respirando.
Lo stand che ha colpito l’attenzione del palato ma anche del cuore è quello di Igino Accordini che ha proposto in degustazione un vino a base di Corvina veronese 100% che con i suoi sentori richiamava l’Amarone, fornendo però quella delicatezza e sensualità tali da desiderare di berne un secondo bicchiere. Anche al padiglione 4 si respirava aria di casa, tra Ripasso, Colli Euganei, Prosecco e Raboso, si arriva allo stand di Paladin presente con le proprie tenute – Paladin, Bosco del Merlo, Castello Bonomi, Premiata Fattoria di Castelvecchi in Chianti. Attraverso un grande piazzale si raggiunge il padiglione 3 che accoglie la viticultura trentina e non solo, infatti oltre ai freschi spumanti della Trento DOC ho degustato una grande azienda di metodo classico emiliana, la Cantina della Volta di Christian Bellei, che in questa occasione presenta due vini fermi: “LABASE” uno Chardonnay Emilia IGT e “FERMO” un Pinot Nero Emilia IGT che ben si collocano nella produzione insieme ai grandi vini spumanti della cantina. Il vicino padiglione 2 ospita, oltre ad una nutrita rappresentanza di vignaioli umbri, i grandi vini siciliani con piccole e grandi aziende conosciute a livello internazionale. Impossibile fermarsi da tutti gli espositori, come d’altronde ci piacerebbe fare sempre, è stata necessaria una scelta che è ricaduta su uno storico gruppo enoico, Florio – Duca di Salaparuta – Corvo che, in un contesto “White” ha declinato in maniera eccellente alcuni grandi vini bianchi di Sicilia. “Star Grillo & Muller Thurgau” sposa il carattere complesso e mediterraneo del Grillo all’aromaticità eterea del Müller Thurgau.
L’attiguo padiglione 1 è da sempre dominio dell’Emilia Romagna, dove cordialità, profumi di buoni cibi e voglia di stare insieme si notano in ogni angolo.
Tanti e tutti interessanti gli eventi organizzati dall’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna che attraverso la Via Emilia ci fa scoprire terre e territori eterogenei ed a volte contrapposti tra loro.
Due le aziende prese a campione per le loro produzioni e novità, una conosciuta da tempo ed una appena scoperta. La prima è Cantine Ceci che, come sempre, utilizzano questo evento per presentare le nuove annate ma soprattutto, le novità che la mente fervida della proprietà e dello staff del marketing, propongono al pubblico. L’artista Patrizio Dall’Argine personalizzava le nuove bottiglie “To you paint” che vengono fornite di tempere, tavolozza e pennelli, così da esser decorate una volta degustate e conservate come ricordo di una serata o un evento.
La splendida bottiglia di Nanì nella sua versione Limited Editions con colori da collezione e la nuova serie Radames (dedicato ad uno dei personaggi dell’Aida di verdiana memoria), vino senza solfiti aggiunti, nelle tipologie Lambrusco, Malvasia e Rosè.
La novità invece, nella ricerca di una azienda, è ricaduta su una cantina romagnola, la Tenuta Colombarda di San Vittore di Cesena che mi ha particolarmente stupito per il Sangiovese di Romagna, il Pagadebit, l’Albana di Romagna ed il Rosalaura un interessante IGT Rubicone rosato.
I padiglioni numerati sono finiti ma mancano all’appello altri territori vocati italiani. Al padiglione A troviamo il Lazio con i grandi vini dei colli romani che da soli richiederebbero una settimana per una degustazione attenta. Di fianco, nel padiglione B, sono collocati i vini della Campania con una particolare esposizione per quelli dell’Irpinia. Territorio nel territorio, potremo definirla la provincia di Avellino, dove a piatti e prodotti saporiti, la natura affianca grandi vini. Fiano, Greco, Taurasi, Aglianico dell’Irpinia per citarne quelli più conosciuti.
Qui grazie a Lello, grande amico e mentore di quanto accade nei territori bagnati dal Calore e dal Sabato, ogni volta conosco produttori e nettari sempre più interessanti.
Una delle aziende visitate è stata Case d’Alto di Grottaminarda con l’eccezionale Taurasi DOCG.
Altro giacimento enoico è rappresentato da Feudo Apiano di Lapio che mi ha estasiato con il suo Fiano d’Avellino.
Per il Taurasi e l’Irpinia Aglianico non posso dimenticare le note sincere e tanniche dei vini dell’Az. Agr. Fiorentino di Paternopoli che hanno letteralmente appagato le papille seppur provate da alcune degustazioni precedenti, riassestandone i livelli gustativi. Immancabile invece la visita a Giancarlo Barbieri dell’Az. Sertura che con i suoi Fiano e Greco di Tufo, tra gli altri, mi ricrea sempre delle emozioni olfattive e gustative che avevo già avuto modo di conoscere durante una recente visita in Irpinia.
E per terminare il tour vinicolo di questo 2017 è doveroso brindare a questa manifestazione, ma soprattutto ai produttori ed ai loro vini, andando a visitare il padiglione PALAEXPO dove si trovano i vini della Lombardia.
Il primo incontro è con una grande produttrice di Franciacorta ma soprattutto con una delle donne del vino italiane Pia Donata Berlucchi della Fratelli Berlucchi che insieme alla figlia Tilli Rizzo mi accoglie come sempre a braccia aperte nel loro stand, dove si apprendono sempre delle belle novità, non solo nel mondo del vino ma anche, come in questo caso, nell’informazione da dare ai giovani su quello che ogni calice racchiude nella storia dell’uomo e di un territorio. Consapevolezza quindi nel bere in quantità modica, vini di alta qualità ma soprattutto sapendo che cosa rappresentano e possono dare come insegnamento. Altro amico e grande produttore franciacortino è Michele Bozza dell’Az. Agr. La Montina che ha presentato una assoluta rarità, Montecolo, solo poche centinaia di bottiglie magnum (520 pezzi per l’esattezza!) per festeggiare il trentesimo anniversario de La Montina.
Sempre per proseguire questo brindisi al Vinitaly una visita allo stand di Mirabella, dove ho degustato un Franciacorta 120 mesi in Magnum con edizione limitata a 320 bottiglie.
Ma Vinitaly non è solo mostra del vino ma anche il fuorisalone, in cui le aziende organizzano per stampa, buyers, operatori della ristorazione , sia nel centro cittadino che nelle ville dei dintorni, decine di eventi uno più ricco dell’altro.
Tra gli inviti ricevuti ho scelto una location davvero affascinante Villa Arvedi in Valpolicella, che per l’occasione è divenuta la sede temporanea dell’Az. San Marzano, una delle più grandi aziende vinicole della Puglia, con cantina e vigneti a Manduria, che ha trasferito tutta la tradizione gastronomica pugliese nel parco e nel salone di questa villa, dando modo così di abbinare i propri vini ai piatti di questo gustoso territorio italiano.
Una serata da favola, con musica, allegria e come da copione, buonissimi vini e ottimo cibo.
Le luci su Vinitaly 2017 si sono appena spente ma già si inizia a pensare al prossimo, con la speranza che qualcosa migliori nella logistica e nei trasporti, che il clima che in questi giorni ha creato gravi problemi ai vignaioli, non si accanisca troppo e che quindi ci siano i presupposti per gustare ancora il meglio dell’enologia italiana, vanto della nostra economia e soddisfazione per chi in questo mondo mette la passione e la propria vita.
Crediti fotografici: Laura Cosci e Irina Lavnichenko